La caratteristica fondamentale del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (DDAI) è una persistente modalità di disattenzione e/o di iperattività-impulsività che è più frequente e più grave di quanto si osserva tipicamente in soggetti ad un livello di sviluppo paragonabile. Alcuni sintomi di iperattivà-impulsività o di disattenzione che causano menomazione sono presenti prima dei 7 anni di età, sebbene molti soggetti siano diagnosticati dopo che i sintomi sono presenti da diversi anni in particolare nel caso di individui affetti dal Tipo con Disattenzione Predominante. Una certa compromissione a causa dei sintomi è presente in almeno 2 contesti (a casa e a scuola o al lavoro). Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività interferisce col funzionamento sociale, scolastico, o lavorativo adeguato rispetto al livello di sviluppo.
Gli interventi comportamentali del Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (DDAI) hanno dimostrato risultati positivi in molti studi clinici, sebbene il confronto diretto tra diverse ricerche sia spesso difficile a causa della complessità e della variabilità delle caratteristiche degli interventi (Whalen & Henker 1991). Infatti, durante l’approccio terapeutico - abilitativo possono intervenire numerose variabili che rendono lo studio difficilmente replicabile: i comportamenti bersaglio selezionati per il trattamento, i realizzatori degli interventi (gli insegnanti, i genitori, i terapeuti), il setting nel quale avviene il trattamento (in classe, a casa), le tecniche, la durata e la frequenza delle sedute.
Il DDAI può venire trattato anche con interventi ambientali riassunti da Horn et al. (1991) i quali presuppongono che se le abilità richieste per regolare il comportamento sono deficitarie allora tali abilità dovrebbero essere direttamente insegnate o sviluppate. Dal punto di vista dell’apprendimento sociale, insegnare al bambino abilità specifiche nella regolazione di sé, è spesso compito dell’educazione genitoriale (parent training) e degli insegnanti e consiste nel rinforzare il comportamento adattivo con lo scopo di aumentarlo in frequenza e in durata e nel punire il comportamento disadattivo con lo scopo finale di estinguerlo. Questi tipi di trattamento hanno l’obiettivo di migliorare direttamente il comportamento, in quanto agiscono sui comportamenti attuali del bambino e sulle caratteristiche ambientali che riguardano il bambino stesso.
Un approccio cognitivo-comportamentale si focalizza sull’insegnamento diretto al bambino delle abilità di self-control e sulle abilità per la risoluzione dei problemi. Le aree di interesse includono l’impulsività e il self-control (la gestione della collera, l’utilizzo di tecniche non aggressive nella risoluzione dei problemi), per le quali può essere applicato un approccio basato sulle autoistruzioni; la stima di sé stessi, per la quale può essere utilizzato un approccio cognitivo comportamentale; e relazioni tra pari, per le quali può essere indicato un training per le abilità sociali.
Principali obiettivi del trattamento
Per il raggiungimento degli obiettivi sopramenzionati è stato necessario lavorare contemporaneamente su tre diversi piani: individuale, genitoriale e scolastico.